Una Napoli del 1895 in bianco e nero filmata niente meno che dai fratelli Lumiere fa da copertina a Qui rido io, il nuovo film di Mario Martone in concorso a Venezia 78. Poi si alza il sipario. Perché è il teatro il vero protagonista della pellicola che si apre e si chiude sulla faccia e la maschera di Eduardo Scarpetta, re della commedia comica a cavallo tra i due secoli con il personaggio di Felice Sciosciammocca che ha fatto dimenticare a Napoli persino Pulcinella, che metaforicamente muore in uno dei sogni ad occhi aperti di Scarpetta. E sin dall’inizio di Qui rido io passa e ripassa nella testa che solo Toni Servillo avrebbe potuto interpretarlo, e lo fa ovviamente magnificamente: forte la sua presenza dall’inizio alla fine della lunga storia fatta di teatro e famiglia, famiglia e teatro, donne, figli e palcoscenico, tra colori e sensazioni di odori: sembra quasi di sentire quello della polvere del palco, del legno, dei tessuti ricchi dei costumi cuciti in casa. “Ho immaginato Scarpetta come un animale – dice Servillo – gli animali predano, ma non a caso“.
Una rumorosa famiglia allargata quella di Eduardo Scarpetta alla cui irrefrenabile infedeltà nei confronti della moglie Rosa (Maria Nazionale) si deve la ricca e meravigliosa discendenza degli Scarpetta e dei De Filippo, cognome quest’ultimo di Luisa (Cristiana dell’Anna), nipote di Rosa, che partorì Eduardo, Peppino, e Titina, qui interpretati dai giovanissimi e talentuosi esordienti Alessandro Manna, Salvatore Battista e Marzia Onorato. Dalla consorte legittima nacque invece Vincenzo, interpretato da Eduardo Scarpetta, vero discendente della popolosa dinastia e già apprezzato in Capri Revolution dello stesso Martone che passò a Venezia 75, così come ne L’amica geniale e in Carosello Carosone. Sempre da Rosa era nato pure Domenico (Roberto Caccioppoli), ma anche se Scarpetta lo riconobbe, in realtà aveva sangue reale nelle vene visto che il padre biologico era Re Vittorio Emanuele II. Non trascurò Eduardo Scarpetta neppure la sorellastra della moglie, Nennella (Chiara Baffi) che gli diede tre figli e cioè Pasquale, un altro Eduardo detto Eduardello (Aldo Minei) e Ernesto (di cognome Murolo, che sarà poi padre del grande Roberto). Né la maestra di musica dalla cui relazione cui nacque Maria (Greta Esposito).
Difficile tenere il conto e facile confondersi, ma nel film tutto è meravigliosamente chiaro e al tempo stesso paradossalmente confuso. Come il teatro. Eduardo Scarpetta è già molto ricco quando comincia la storia, in contrasto alla sua maschera di Sciosciammocca che a portare a casa la pagnotta proprio non ce la fa. Si apre con lo spettacolo in scena e con Scarpetta capocomico e padre padrone di una compagnia-famiglia dove riconosciamo anche Gianfelice Imparato, Iaia Forte, Antonia Truppo. Perché Eduardo Scarpetta faceva figli e poi li lanciava sul palcoscenico. Era così e basta. Toccò anche al riluttante Peppino, lasciato in campagna da una balia per i primi anni della sua vita, poi ripreso in casa dalla madre e inserito con non poca fatica nel clan. Vita vera e commedia diventano tutt’uno.
Poi Qui rido io racconta di un altro figlio, quello di Iorio, che però stavolta non è figlio di Eduardo, non fisicamente almeno. Al culmine del suo successo, onnipotente e fiero, Scarpetta decide infatti di portare a teatro la parodia dell’opera dannunziana La figlia di Iorio intitolata, appunto, Il figlio di Iorio. Un po’ trash, la definiremmo oggi, ma non poco importante nella storia del diritto d’autore in quanto oggetto della prima storica causa in tribunale: la rappresentazione è un fiasco, in sala quelli che oggi chiameremmo haters, un gruppo di autori seri legati alla Siae che alla prima occasione incitano e fomentano il pubblico alla contestazione e a gridare allo scandalo. E nonostante Scarpetta fosse andato fin dal sommo poeta (notevole il cameo di un trasformato Paolo Pierobon) a chiedere l’autorizzazione alla parodia della sua opera, fu da lui denunciato per plagio. Anche in tribunale Scarpetta porterà però il teatro. E il teatro lo salverà. Qui rido io arriva al cinema giovedì 9 settembre. Nel cast anche Lino Musella (Benedetto Croce), Roberto De Francesco (Salvatore Di Giacomo), Giovanni Mauriello (Mirone), Lucrezia Guidone (Irma Gramatica). Ecco come ne hanno parlato in conferenza stampa a Venezia 78 Mario Martone, Toni Servillo, Maria Nazionale e Iaia Forte: