e Pietro hanno 16 anni e vivono nel rione Traiano di Napoli, un quartiere dove “accogliamo tutti bene” dice Alessandro, ma dove “ci sono cose belle e cose brutte” fa eco Pietro. E tra le cose brutte, anzi bruttissime, quella accaduta nella notte del 4 settembre 2014 quando un ragazzo di nome Davide Bifolco, 16 anni pure lui, è stato ammazzato sotto casa loro da un carabiniere cui quel colpo, avrebbe poi dichiarato, gli era partito per errore. Davide era stato scambiato per un ricercato, ma in realtà era “pulito”, un ragazzo come tanti, come i tanti del rione Traiano diventati coprotagonisti di Selfie, il primo film tutto girato con l’IPhone in modalità, appunto, selfie, da Alessandro Antonelli e Pietro Orlando con la regia e la supervisione di Agostino Ferrenti (L’Orchestra di Piazza Vittorio, Cose belle), in sala dal 30 maggio con il patrocinio di Amnesty International.
Selfie non è però tutto incentrato sulla tragica morte di Davide che comunque nel quartiere tutti ricordano con dolore, ma racconta soprattutto la grande amicizia tra i due ragazzi così diversi tra loro eppure così legati da una “fratellanza”, come ci dicono loro stessi nella nostra videointervista. Un’amicizia che probabilmente, assieme al sostegno delle loro famiglie, ha fatto in modo che, nonostante le tentazioni e l’apparente facile soluzione dello spaccio alla disoccupazione, sono rimasti estranei al canto delle sirene della camorra anche perché “i soldi facili non servono a niente” dicono. Alessandro ha il padre lontano dopo la separazione dalla madre, ma non in carcere come tanti genitori dei ragazzi del posto, la scuola l’ha dovuta lasciare perché un’insegnante si era intestardita a fargli imparare a memoria l’infinito di Giacomo Leopardi e lui non ci riusciva, ma “posso raccontare il significato della poesia” le aveva risposto: a lei non è bastato – occasione perduta per entrambi – a noi invece sì, a noi è piaciuto moltissimo come in Selfie, riprendendosi davanti a una statua del poeta di Recanati, Alessandro ci spiega con semplice profondità di quell’ermo colle dietro al quale l’autore non aveva mai visto, proprio come lui non ha mai guardato il muro del quartiere – immaginario ma non per questo meno reale – che lo separa dal resto del mondo, entrambi a immaginare cosa ci sta dietro. Pietro invece un padre ce l’ha, un padre attento, onesto piazzaiolo, e rammaricato di non averlo potuto aiutare nei compiti perché ha solo la terza media “presa tanti anni fa”, e allora gli presta la testa al figlio così può imparare a fare il parrucchiere. Pietro ha preso qualche chilo di troppo, parecchi in realtà, ma a dimagrire non ci pensa proprio e mentre fa la lampada, patatine e coca cola non se le fa mancare. Alessandro fa il barista, porta i caffè col motorino e in vacanza non ci può andare, Pietro, come detto, sogna di fare il parrucchiere (e dopo il film ci riesce) e resta a fargli compagnia in città per tutta l’estate, o quasi. A loro non piacciono le pistole che già vediamo in mano ai ragazzini e a tanti loro coetanei, dalla droga stanno lontani, e il cinema vorrebbero pure continuare a farlo. Anche Davide aveva progetti sani ma il suo sogno, quello di diventare calciatore, “è stato spezzato” ci raccontano i due nei cineasti. E poi ci sono le ragazze, quelle carine, truccate e ben vestite come Sara che già lo sa che finirà per avere un marito in carcere, che se è per qualche anno lo aspetterà, se per vent’anni sarà più un problema e se poi gli daranno l’ergastolo, beh, gli resterà comunque fedele perché è questione di “rispetto”, ma intanto non è neanche fidanzata e la sua lucida consapevolezza mista a rassegnazione nei confronti di un destino segnato che racconta con il sorriso, un po’ ci inquieta.
Una cosa tutta nuova questo film che diverte e commuove, che mette insieme in modo armonico e poetico stralci di vita di Alessandro e Pietro legati al loro quartiere dal quale sono usciti soltanto dopo averlo girato per accompagnarlo in produzione, da Berlino a Roma dove li abbiamo incontrati. Ecco allora la nostra videointervista ad Alessandro Antonelli e Pietro Orlando e una videosintesi della conferenza stampa con il regista, i due attori/operatori/autori e Riccardo Noury di Amnesty International Italia: