Che Alessandro Borghi sia uno dei più interessanti attori italiani, uno di quelli che non ti deludono mai, che sembrano sempre veri come i personaggi che interpretano, o meglio, che vivono, nei loro film, già lo pensavamo. Sin da quel Non essere cattivo postumo di Claudio Caligari passato a Venezia 72, e poi da Suburra e Suburra la serie, Fortunata, The place, la Napoli velata di Ozpetek… Ma vederlo nel corpo smagrito e dolorante di Stefano Cucchi, trasformato dal giovane figlio e fratello che ha certo deluso la sua famiglia ma che in qualche modo cerca la strada per rimediare seppur di deviazione in deviazione, in un leggero e fragile ammasso di carne pesta buttata in una cella che sia di prigione o d’ospedale e lasciato morire da chi se ne sarebbe dovuto prendere cura, lo consacra certamente tale ai nostri occhi e a quelli del pubblico di Venezia 75 dopo l’anteprima di Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, primo film in concorso della sezione Orizzonti che uscirà su Netflix e al cinema dal 12 settembre con Lucky Red, accompagnato al Lido da regista e cast (a fine articolo la videosintesi della conferenza stampa).
Sulla mia pelle, come ci aveva già anticipato Alessandro Borghi nella nostra videointervista per Suburra la serie, non è un film che giudica, semplicemente racconta. E lo fa con qualcosa che chiameremmo grazia se non si trattasse di violenza pura. Lo fa volontariamente senza mostrare alcun pestaggio, ma solo una porta che si chiude alle sue spalle, e che quando si riapre lui la varca di nuovo è per ritrovarsi in un altro mondo: “i film non sono aule di giustizia, i giudici devono ancora giudicare, la porta si chiude e saranno i magistrati a stabilire cosa è accaduto – spiega il regista – Il focus è la storia di un ragazzo che ha passato sette giorni infernali durante i quali è dimagrito sette chili. Abbiamo studiato i verbali con grande umiltà e con un senso francescano di capire senza pregiudizi cosa fosse successo a Stefano, per quanto umanamente terribile, e per far diventare quella carta carne. In questo senso Sulla mia pelle, così come le prove del pestaggio”.
Di Stefano Cucchi, ridiventato dunque da carta a carne grazie ad Alessandro Borghi, ci sembra di toccare le ferite, di percepirne il respiro quando parla piano tra sé, la somiglianza e il dimagrimento di ben 18 chili aiutano, ma va ad un’interpretazione sentita con rispetto e responsabilità il merito di farci in certi momenti dubitare se non sia davvero lui, Stefano, a contorcersi e nascondersi sotto la coperta fredda di una cella continuando a tenere ostinatamente segreta la verità su quanto gli è accaduto, nonostante l’assurdità e l’orrore di una situazione che certo peggio non potrebbe andare, a parlare con la voce al di là del muro, a chiedere sorprendentemente una Bibbia quando forse intuisce che non può fare più niente per salvarsi. Ci si chiede, guardando Sulla mia pelle, tra quante persone si dovrebbe spartire la colpa della sua assurda morte all’alba del 22 ottobre del 2009, ci si chiede stupiti perché nessuno si sia mosso in tempo, perché un avvocato d’ufficio, preferito chissà perché a quello di famiglia, non abbia fatto il suo minimo dovere, perché la famiglia stessa non abbia subito pensato che era tutto storto ciò che stava accadendo e che c’era qualcosa di sbagliato e oscuro, ci si chiedono tante cose. E questo è l’obiettivo del film
“Sulla mia pelle racconta una storia cercando di fornire a tutti quanti gli strumenti per riflettere e farsi un suo pensiero su quanto accaduto – ha detto Alessandro Borghi in conferenza stampa alla Mostra del Cinema di Venezia come vedete nel video a fine articolo – una storia vera, rigorosa e precisa sui giorni di prigionia di uno che era davvero deciso a cambiare qualcosa però continuando a sbagliare, come accade spesso. Era molto complicato trovare la misura giusta per raccontarla, ma ho capito che era un’occasione inestimabile per poter usare il cinema per raccontare una storia che davvero doveva essere raccontata, con una sceneggiatura corretta e seria.Tutto quello che viene raccontato di Stefano nel film sono tutte cose che ovviamente non ci siamo inventate noi, ma ci sono state dette da testimoni, persone che lo conoscevano, da ricostruzioni, in particolare la sua fede che sta a raccontare quella che stava diventando la nuova fase della sua vita: stava cercando faticosamente di cambiare qualcosa e il suo rifugio secondo me l’ha trovato in quel momento nella spiritualità. Abbiamo tutti fatto il film senza curarci di tutto quello che ci fosse al di fuori, difficoltà e rischi”.
A completare il cast Jasmine Trinca nel ruolo di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano (anche lei straordinariamente somigliante), Max Tortora e Milvia Marigliano in quello dei genitori: raccontare Ilaria Cucchi per me è stato particolarmente impegnativo – ha detto Jasmine Trinca oggi a Venezia 75 come vedete nel video – non tanto per un discorso di immedesimazione nel personaggio perché non c’è mai stata un’intenzione di attrice, ma l’idea di rispettare profondamente quello che Ilaria Cucchi porta avendo reso pubblico il suo dolore privato, cosa che io considero un grandissimo atto di generosità che doveva ricevere a sua volta una grande forma di rispetto, raccontando quanto amore ci fosse in quella sua durezza nei confronti di un fratello che sbaglia”. “Il rispetto e la misura sono importanti – ha aggiunto un commosso Max Tortora che ritroviamo con piacere in un ruolo “serio” come è stato ne La terra dell’abbastanza – in una storia come questa bisogna esserci dentro senza strafare mai, non metterci troppo del proprio, affidarsi a quello che si conosce della storia”. “La cosa più difficile è lavorare sull’anima del personaggio e renderlo universale – ha concluso Milvia Marigliano – se il personaggio esiste ed è vero è difficilissimo, e in questo caso lo sai che non hai toccato il dolore di quella madre veramente, e invece dev’essere un dolore per tutti, anche un dolore ha un incanto”. Ecco i video della conferenza stampa al Lido di Alessandro Borghi e di Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano: