The Happy Prince è il titolo di un racconto di Oscar Wilde, quello di un principe felice in vita e ammirato da morto come statua, una statua tutta ricoperta di fogli dorati con rari zaffiri indiani al posto degli occhi e un rubino nell’elsa della spada, che solo ora da lassù, sulla collina dove è stato posto, riesce a vedere le sofferenze dei poveri e chiede a una rondine rimasta indietro e non emigrata in Egitto per amore di un giunco, di spogliarlo via via di tutto ciò che di prezioso ha e di portarlo a chi ne ha bisogno. Ci metterà parecchio la rondine e alla fine resterà con lui per sempre, morendo accanto a lui sotto la neve invernale, ma il suo corpicino pennuto e il cuore di piombo del principe felice gettati entrambi tra i rifiuti, saranno portati a Dio da un angelo come le cose più preziose di quella città. A questa favola triste che ricorda bene, perché da bambino gliela leggeva sua madre, Rupert Everett si è ispirato per raccontare gli ultimi anni di vita di Oscar Wilde in un film che segna il suo debutto alla regia e che lo vede protagonista nel ruolo del grande scrittore, poeta e drammaturgo irlandese che pagò con la prigione e i lavori forzati la sua omosessualità. Accanto a lui in The Happy Prince, in sala da giovedì 12 aprile con Vision Distribution, Colin Morgan a dar vita a Lord Alfred Douglas detto Bosie, il giovane amante prediletto di Oscar Wilde che fu la sua felicità e al tempo stesso la sua rovina, Edwin Thomas che interpreta l’amico fedele e innamorato Robbie Ross che gli resterà accanto fino all’ultimo nonostante da lui ferito più volte, Colin Firth che è l’altro amico fedele Reggie Turner e Emily Watson nel ruolo della moglie Constance che l’amo nonostante tutto per tutta la sua breve vita e per la quale Wilde provò un profondo rimorso fino al suo ultimo respiro.
Seguendo il filo rosso della favola del principe e della rondine, The Happy Prince racconta la parabola finale di un genio già passato dalla fama alla persecuzione e di un uomo che non ha mai potuto fare a meno di amare incondizionatamente, un ritratto toccante e in qualche modo romantico dipinto con i suoi stessi pensieri, ricordi e incubi e con i colori cupi di una storia senza lieto fine, che l’attore britannico aveva già scelto parecchi anni fa per il suo passaggio dietro alla macchina da presa, pur restandoci davanti: “ritenevo che fosse un ruolo fantastico per me da interpretare – ci dice Rupert Everett nella nostra videointervista che trovate a fine articolo – che la sua fosse una storia toccante e commovente e che per me fosse importante a sessant’anni raccontare qualcosa sulla mia esperienza di omosessuale che cerca di negoziare la sua vita la sua carriera in un mondo come quello dello show business”. Una storia del passato – siamo a fine 1800 – eppure pericolosamente attuale visto che se anche oggi gli omosessuali non vengono più imprigionati, non possiamo certo dire che non siano ancora oggetto di persecuzioni: “la storia di Oscar Wilde e tutto ciò a cui è stato sottoposto oggi potrebbero sembrare non esistere più – ci risponde Rupert Everett – ma viviamo in un momento in cui questi attacchi all’omosessualità sono ancora ovunque, nel mio paese e nel vostro paese, queste ondate di populismo in cui l’atteggiamento omofobico è ancora presente con azioni violente… le minoranze vengono prese come bersaglio, ecco perché dobbiamo continuare a lottare”. La nostra videointervista a Rupert Everett: