“Leggevo una poesia di mille anni fa e la poesia diceva ‘tra il vero e il falso c’è un giardino, ed è lì che ti ho incontrato’… io credo che quando guardate una foto non sia importante il ‘mi piace’ o il ‘non i piace’, ma è chi incontrate, perché nella fotografia incontrate qualcuno…” Vincent Peters ha raccontato così il potere evocativo della sua arte alla presentazione di Timeless Time, la sua mostra inaugurata ieri a Palazzo Bonaparte, giunta a Roma forte del grande successo già riscosso a Palazzo Reale di Milano e a Palazzo Albergati di Bologna, dove resterà fino al 25 agosto.
Timeless Time, col patrocinio del Comune di Roma, prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Nobile Agency, mette insieme tantissimi scatti in bianco e nero di personaggi iconici del mondo del cinema dove bellezza e luce trasmettono emozioni e ne raccontano la storia, una storia senza tempo, appunto, così come la loro aura e fama: Charlize Theron, Emma Watson e Greta Ferro, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Christian Bale, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, David Beckham, Gwyneth Paltrow, tra le stelle immortalate tra il 2001 e il 2021 da Vincent Peters chiamate ad animare la personale del fotografo tedesco con immagini che raccontan una storia che va oltre l’immagine, proprio come un film. E che durano per sempre. Eterne, come la città che le ospita.
A colpirci, in alcuni casi, soprattutto i momenti di vita che sembrano catturati, come quello che ritrae Monica Bellucci, tra le muse preferite dell’artista, dapprima in attesa e poi che allatta al seno sua figlia. O Greta Ferro nuda nel vagone deserto di una metropolitana. O le collettive di John Malkovich con le sue tante espressioni in una sola foto. E tra le tante, c’è la magica sala degli specchi dove chi guarda si rivede tra le iconiche immagini di chi è guardato, alcune spezzate come riflesse su specchi rotti, e capovolte in alto, sulla parete riflettente di un soffitto immaginario quanto reale. Un gioco nel gioco che lascia stupiti e affascinati.
Le opere di Timeless Time sembrano inoltre parlarsi tra loro, presentarsi a vicenda, unite in un fil rouge. “La mostra a Palazzo Bonaparte ricrea, uno scatto dopo l’altro, questo filo rosso, lo sguardo umanistico di un fotografo che ha fatto sua tutta la nostra tradizione occidentale e italiana – spiega la curatrice dell’esposizione Maria Vittoria Baravelli – Classici e moderni, angelici e torbidi come le madonne e i signori ritratti da alcuni pittori. Come i film da cui non possiamo proprio prescindere. Peters ama il Neorealismo, Vittorio De Sica e Rossellini, ma con altrettanta ammirazione contempla Fellini e la sua dolce vita. Anita Ekberg e Mastroianni, Vacanze Romane e tutti quei cliché che rendono Roma, il ‘Locus Amoenus’ dei nostri desideri così antichi e così moderni. Fotografie che, come le opere d’arte della Città Eterna, non esauriscono ciò che hanno da dirci: ci entrano negli occhi e lì rimangono, per sempre“.
Fotografo di moda, l’artista tedesco ha ritratto negli anni tantissime celebrità, e scattato campagne leggendarie per riviste di tutto il mondo, distinguendosi proprio per il suo stile cinematografico. Nato a Brema nel 1969, a vent’anni si trasferisce a New York per lavorare come assistente fotografo. Tornato in Europa nel 1995, ha lavorato per diverse gallerie d’arte e su progetti personali e nel 1999 ha iniziato la sua carriera presso l’agenzia di Giovanni Testino come fotografo di moda. Il suo portfolio comprende lavori per brand come Armani, Celine, Hugo Boss, Adidas, Bottega Veneta, Diesel, Dunhill, Guess, Hermes, Lancome, Louis Vuitton, Miu Miu, Netflix, solo per citarne alcuni. Le sue opere sono state esposte in gallerie d’arte internazionali tra cui, ad esempio, Camera Work a Berlino, Fotografiska a Stoccolma e il prestigioso Art Basel in Svizzera. Ecco come Vincent Peters ha presentato ieri la sua mostra a Palazzo Bonaparte (con Gabriella Nobile della Nobile Agency a fare da interprete) e il nostro giro per le sale dell’esposizione:
Le foto dell’articolo sono di Angelo Costanzo