A volte i nostri ricordi più dolorosi vengono rimossi, li accartocciamo come fogli di carta su cui abbiamo scritto qualcosa di sbagliato e li gettiamo nel fondo dell’inconscio, non avendone più alcuna percezione. Meglio così, non ne soffriremo ancora. Anche se la nostra vita diventa un altro racconto, senza verità, un’altra memoria. Tutto senza accorgercene naturalmente, in modo assolutamente non cosciente, come ogni meccanismo di difesa. Per ritirarli fuori, quei ricordi dolorosi, assieme alla verità, quando si sospetta che possano essere la causa recondita di un disturbo, beh, ci vuole la psicoanalisi, come ci ha spiegato bene un certo Sigmund Freud. Oppure possiamo ripercorrere quelle tappe, tornare, come si suol dire, sul luogo del delitto, e in alcuni casi quel rivivere luoghi e situazioni può essere davvero terapeutico. Poi se stavamo meglio prima o dopo aver ricordato, è un’altra storia. Ecco, di rimozione parla Tornare, il nuovo film di Cristina Comencini, che ne ha curato anche soggetto e sceneggiatura assieme a Giulia Calenda e Ilaria Macchia, che arriva on demand su Sky Primafila Premiere, Timvision, Chili, Google Play, Infinity, CG Digital, Rakuten TV da lunedì 4 maggio con Vision Distribution. La protagonista è Giovanna Mezzogiorno tornata ad essere diretta dalla Comencini a quasi quindici anni da La bestia nel cuore, e a girare a Napoli a tre anni dalla Napoli velata di Ferzan Ozpetek, una “Napoli ricordata, deformata, angosciante e bellissima, luogo anche della mia memoria giovanile” dice Cristina Comencini. In Tornare l’attrice romana interpreta Alice, una donna sulla quarantina che dopo più o meno a metà della sua vita è stata spedita dal padre, un ufficiale di marina, in America, luogo simbolo di un irreversibile lontano da cui non tornare più indietro, una decisione presa all’improvviso della quale lei non ricorda tuttora il motivo. Alice era una ragazzina vivace, piena di vita e con tanta voglia di divertirsi, leggera, nel senso positivo del termine, ma per questo non sempre compresa. Esattamente com’era stata sua madre (Astrid Meloni), fino a che non sposò suo padre. A vent’anni da quella decisione che le spezza a metà la vita, il padre muore e lei rientra nella sua città per il funerale. Rivede la sorella (Barbara Ronchi), qualche conoscente e un tipo affascinante e pure un po’ inquietante, tale Marc (Vincenzo Amato), che, le racconta, ha fatto compagnia a suo padre negli ultimi mesi della sua vita – e per questo sa tanto di lei – e ora si offre di farla a lei, in qualunque momento ne sentisse il bisogno, e di accompagnarla ovunque lei debba andare, insomma davvero gentile, anche troppo. Intanto nella sua vecchia casa che l’ha vista bambina, adolescente e quasi donna e che ora ha messo in vendita, Alice si imbatte in un’esuberante ragazza dai grandi occhi chiari come i suoi alla quale si affeziona (Beatrice Grammò) senza capire, sul momento, che ha ritrovato se stessa. E continuerà ad approfindire fino a incontrarsi bambina (Clelia Rossi Marcelli). E allora la memoria riaffiora, proprio come in una seduta di psicoanalisi, e riecco il mare, gli amici, il sole, le feste, i balli, le provocazioni ai ragazzi, la scogliera, i tuffi, e molto altro ancora.
“Tornare è l’indagine di una donna, Alice, su quello che è accaduto prima della fuga dalla sua città – racconta la regista – è anche un thriller dell’inconscio e un film sul tempo, che non esiste come siamo abituati a pensarlo: basta uno spazio straordinario, una casa sugli scogli, un luogo fermo e sempre in movimento come il mare che la scuote, e gli eventi passati sembrano di nuovo tutti lì presenti. Mi sono ispirata alla storia di una mia amica e ho voluto raccontare di una femminilità che è anche quella di un desiderio erotico spesso frainteso. Tornare è forse il film più libero che ho fatto ed è stata una bellissima esperienza di lavoro in comune con i produttori, le scrittrici, i collaboratori artistici”. “Rimmergersi nel proprio passato è molto doloroso – dice Giovanna Mezzogiorno – ma è anche un modo per far pace con se stessi, la rimozione è un errore in fondo, l’affrontare le cose e metabolizzarle è importante per ripartire poi, come Alice, più forte e consapevole. Questo è un film che può toccare tutti, perché tutti noi vorremmo tornare ad incontrare ciò che eravamo prima. Io ad esempio ero un’adolescente, ma se incontrassi me bambina vorrei aiutarla, perché ne avrei avuto bisogno”.
Il film scorre molto lento per una buona parte, così come lento è il riappropriarsi di Alice dei suoi luoghi e dei suoi primi ricordi, l’atmosfera è cupa e si fa solare solo quando incontra la sua parte giovane, o almeno fino a che la ricorda così. Non sappiamo quasi nulla di lei com’è adesso, come vive e cosa prova, se non che probabilmente lavora come giornalista e che non ha un uomo accanto. Ma è quanto basta perché ciò che conta per Tornare, che andando avanti si fa sempre più thriller psicologico, è chi era davvero la giovane Alice e cosa diavolo può esserle accaduto di così tanto orribile da costringerla a dimenticarlo.