Si è fatto notare al 70° Festival di Berlino Undine, nono film per il cinema di Christian Petzold, che ha preso il Premio FIPRESCI della federazione internazionale della stampa cinematografica e ha fatto vincere l’Orso d’argento come migliore attrice alla protagonista Paula Beer. Una storia rarefatta d’amore e morte sullo sfondo di una Berlino in continua trasformazione, nelle sale italiane dal 24 settembre.
Il regista tedesco, già Orso d’argento per la regia del film La scelta di Barbara e in giuria all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, si rifà alla figura delle ondine della mitologia nordica, spiriti delle acque dalla bellezza ammaliante, sempre alla ricerca dell’amore, ed in particolare alla leggenda del folklore germanico La maledizione di Ondina e al racconto del 1811 di Friedrich de La Motte-Fouqué, Undine, divenuto un classico della letteratura romantica. In entrambi i casi la protagonista è una ninfa che si innamora di un essere umano. Gli amanti si scambiano la promessa di amore eterno, ma quando lui la tradisce, venendo meno al patto, lei è costretta ad ucciderlo.
Il film inizia con le lacrime di Undine che, seduta al tavolino di un bar dei nostri giorni, viene lasciata dal suo amato per un’altra donna. Incredula, capisce che l’uomo ha spezzato il giuramento e non resterà per sempre al suo fianco. Undine è una storica che lavora in un museo di Berlino, raccontando ai visitatori le trasformazioni architettoniche della città. Durante una delle sue visite guidate incontra il sommozzatore Christoph (Franz Rogowski) e i due s’innamorano perdutamente. Il nuovo amore fortifica la donna che ritrova se stessa e ricostruisce la propria vita, così come accade alla sua Berlino che si modifica, rinasce dalle ceneri e non si spezza mai. Ma le cose si complicano e Undine s’imbatterà nel mito che la rappresenta.
In realtà nel film il mito è accennato, c’è il forte legame di Undine con l’acqua, che però non riusciamo a capire bene da dove provenga, c’è la sua bellezza diafana, con i capelli rossi e gli occhi azzurri che spiccano tra i colori plumbei del paesaggio immerso nei toni del grigio e del verde, e rimangono la sete di riscatto e il senso di vendetta, ossessioni e presagi che sembrano arrivare da un lontano passato. Anche questa volta, come in molta della cinematografia di Petzold, da La scelta di Barbara a Il segreto del suo volto a La donna dello scrittore, centrale è la figura femminile. Tutto ruota intorno a Undine e il film si regge sugli sguardi, le emozioni e le fragilità della protagonista, l’attrice Paula Beer che, oltre al già citato Orso d’argento per questa interpretazione, ha nel cassetto il Premio Mastroianni del Festival di Venezia per Frantz di François Ozon. Non a caso, per la sua attenzione all’universo femminile, a Venezia 77 il regista ha ricevuto il WiCA/Women in Cinema Award.
“Undine è una storia d’amore – spiega Christian Petzold – così come lo sono ‘La scelta di Barbara’ (Barbara), ‘Il segreto del suo volto’ (Phoenix) e ‘La donna dello scrittore’ (Transit). Ma raccontano un amore impossibile, danneggiato, o uno che forse può evolversi. Questa volta ho voluto fare un film in cui si vede come l’amore si sviluppa e rimane”.
Undine è certo un’opera sull’amore che idealmente supera anche la morte, ma il film, che ha un ritmo lento e a tratti dilatato, rimane sempre sospeso tra realtà e irrealtà, realismo e leggenda e, al di là di una bella fotografia e di suggestive immagini subacquee, alla fine rimane un senso di incompiutezza.