Un inno all’inaccettabilità della guerra. Perché da qualunque punto si guardi, non è mai una soluzione né, tantomeno, un male necessario. Questo ci è piaciuto molto di Campo di Battaglia, il nuovo film di Gianni Amelio in concorso a Venezia 81 che, oltre al messaggio utopico, per stessa ammissione del regista, che arriva forte e chiaro allo spettatore, seppur confondendone giudizio e morale, vanta un cast perfetto.
A cominciare da Alessandro Borghi, impeccabile nel rappresentare un assurdo samaritano di nome Giulio, un ufficiale medico di stanza in un ospedale militare che conquista l’appellativo di buono causando paradossalemnte altro male, peggiorando, cioè, le condizioni già precarie di soldati malconci e sofferenti ricoverati al fine di rimandarli a casa, sia pure amputando loro un braccio o un gamba anche se non necessario, o infettando l’unico occhio rimasto sano.
Dall’altra parte, ma comunque al suo fianco tra i letti bianchi imbrattati di rosso sangue, i lamenti e la morte, c’è un altro ufficiale medico, Stefano, amico da sempre di Giuio, ma che non sopporta i simulatori, quei soldati che pur di sfuggire al loro dovere, si provocano ferite e lesioni sperando di essere esonerati e tornare dalle loro famiglie: ecco, quelli il dottor Stefano, magistralmente interpretato da Gabriel Montesi, proprio non li sopporta, li ritiene dei vigliacchi incuranti della patria e per non sbagliare al fronte ci rimanda un po’ tutti, anche quelli che non sono ancora guariti, quelli i cui pezzi fisici e mentali non sono ancora stati riassemblati.
Ma dove sta la verità? Giulio è davvero quello buono? si chiede lo stesso Alessandro Borghi in conferenza stampa. E Stefano è davvero quello incorrutibilmente giusto? A tracciare una linea di razionalità ci prova Anna, interpretatata da Federica Rosellini, perfetta nel ruolo dell’infermiera volontaria, amica d’università dei due medici, segretamente innamorata di Giulio ma pronta a sacrificarlo in nome dell’onestà e dell’amore per il proprio paese per cui combattere non è solo un dovere, ma un onore e un orgoglio. Ma anche Anna perderà presto la sua sicurezza razionale e l’illusione di poter veder chiara la linea che separa il bene dal male.
Campo di battaglia, che si svolge nel 1918, sul finire del primo conflitto mondiale, ci racconta dunque la guerra senza portarci al fronte, perché il fronte è esattamente tra quelle pareti bianche sature di paura e dolore. Il film ci porta poi però su un altro fronte e su un altro campo di battaglia, quello della pandemia: se noi abbiamo avuto i Covid, i nostri trisavoli hanno avuto la Spagnola, e Gianni Amelio ce la mostra proprio come il Coronavirus, tra mascherine, tosse, febbre, contagi. E anche qui Giulio si prende il ruolo migliore, quello di salvatore del mondo, semmai riuscirà a portare a termine il suo compito.
La guerra quindi e il virus, nulla di più atrocemente attuale. Campo di battaglia, liberamente ispirato al romanzo La Sfida di Carlo Patriarca (Beat Bestseller), arriva al cinema giovedì 5 settembre, e se anche una sola persona uscirà dalla sala convinta, o ancora più convinta, che la guerra non è bella anche se fa male ma fa solo male, avrà vinto comunque. Nel cast anche Giovanni Scotti, Vince Vivenzio, Alberto Cracco, Luca Lazzareschi, Maria Grazia Plos e Rita Bosello. Ecco come Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini e Gianni Amelio ne hanno parlato a Venezia 81: